Tutti gli articoli di (Emi)Lia Venturato

Timbuktu

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Per imparare a scrivere e leggere ritmi musicali ma anche a frazionare il tempo

Durante un progetto di musica con l’esperta (Roberta Fantozzi della Filarmonica Volere è Potere di Pontedera)  abbiamo cominciato a lavorare in classe sul ritmo, usando la voce e le parti del nostro corpo.

Roberta ha presentato 4 simboli, legandoli tra loro con una storia che ha raccontato ai bambini. Questi simboli erano dei personaggi ed avevano un nome: pa, ti-ti, te-che-te-che e sch. Durante la lezione, svolta con i simboli ingranditi che i bambini erano liberi di affiancare in quartetti (per raggiungere la battuta di 4/4), ognuno ha provato a fare il compositore e poi il direttore d’orchestra, dirigendo i propri compagni nell’esecuzione.

Nella mia mente è nata immediatamente l’idea di costruire qualcosa per il piano di lavoro; uno strumento che permettesse ai bambini di sbizzarrirsi e confrontarsi con questa attività in autonomia. Roberta ha pronunciato la frase che ci voleva: ‘bambini, se volete potete anche disegnarvi i simboli e giocarci quando vi piace’.

Ecco che nella mia testa si è presentato il semplicissimo strumento a cui poi, con l’aiuto di Alberto, avrei dato il nome di Timbuktù.

Si gioca in coppia o piccolo gruppo. Una persona compone il proprio ritmo, costituito da una battuta o da più battute. L’altra/gli altri leggono la composizione e la riproducono con la voce, chiamando i simboli con i loro nomi e facendo proprio il ritmo.  Quando si sentono sicuri, provano a riprodurla con il corpo o con semplici strumenti musicali. La fase della voce può essere saltata nel caso in cui si lavori con bambini che hanno difficoltà o imbarazzo a cantare e, magari, preferiscono e possono eseguire direttamente il ritmo in modo strumentale.

Nel periodo in cui abbiamo fatto questo lavoro, stavamo affrontando le frazioni e ci stavamo anche interrogando su come si potesse frazionare il tempo. Oltre a parlare di orologi, ore, minuti, secondi e via di seguito… ci siamo dati al lavoro sulle frazioni in musica, scoprendo i quarti, gli ottavi e i sedicesimi musicali.

Trovate qui il file per costruire lo strumento.

Atomi e molecole

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Uno strumento per fare un tuffo nella chimica, usando le mani

Quando affronto il lavoro sulle piante cerco sempre di farlo con un occhio all’ecosistema. Presento le piante con la loro grande caratteristica di produttori della materia organica. Personalmente sono riuscita a capire davvero questa cosa solo all’università, prima l’avevo studiata ed imparata più volte, senza comprenderla.

Mi avevano sempre detto che le piante bevono e mangiano tramite le radici. Poi però mi dicevano che erano organismi autotrofi (che quindi si producevano il cibo da sole). Ecco, questa cosa per anni mi ha mandato in crisi.

La versione a cui sono arrivata e che condivido con i bambini è invece questa: le piante non mangiano. Proprio perché sono loro che, partendo da sostanze inorganiche semplicissime (che si trovano nell’aria e nel terreno) costruiscono le molecole che serviranno, prima di tutto, a far aumentare di dimensioni loro e poi, in seconda battuta, a far crescere e dare energia agli animali che se le mangeranno. Altro concetto importante che nasce da questo è che gli animali si nutrono solo di altri esseri viventi o di parti di essi; sembra scontato ma non lo è affatto. Noi mangiamo esseri viventi, di vario tipo, ma pur sempre esseri viventi.

Le piante bevono, questo sì. Bevono come noi, assumendo in forma liquida acqua e sali minerali. Magari a loro servono sali minerali diversi da quelli che servono a noi, almeno parzialmente, ma quello che assorbono con le radici è assimilabile al bere, non al mangiare.

Ecco che il concetto di AUTOTROFO comincia ad avere più senso. Appurato che le piante non mangiano, però crescono (questa è esperienza comune) in qualche modo devono aggiungere al proprio corpo della materia. Come fanno?

Qui entra in gioco il discorso della fotosintesi e la meraviglia di capire che la Clorofilla (che io presento come una molecola verde che vive in tutte le parti verdi della pianta e che ‘di mestiere’ fa la cuoca) prende l’ACQUA che arriva dalle radici (attraverso le nervature), la unisce all’ANIDRIDE CARBONICA che entra dagli stomi e, con la LUCE del Sole (o della Luna e delle stelle… ma ovviamente molto meno) cucina lo ZUCCHERO.

Seguendo la sua meravigliosa ricetta (che si intitola Fotosintesi) fa una delle cose più buone e più importanti della natura… lo zucchero e, mentre cucina, si accorge che gli avanza qualcosa. Un qualcosa che alla pianta proprio non serve. O meglio… gliene serve un po’ (perché anche le piante respirano, giorno e notte, come gli animali) ma quello che produce è proprio troppo! Quindi lo butta via, facendolo uscire attraverso gli stomi. Il suo scarto è l’OSSIGENO.

Quando i bambini realizzano che le piante usano l’anidride carbonica che noi buttiamo via e noi, invece, utilizziamo l’ossigeno che loro buttano via, in genere sono soddisfattissimi e, mi sento di dire, un grande obiettivo è raggiunto.

Qui si sfata il mito de: ‘le piante fanno ossigeno per noi’. No, le piante buttano via quello che a loro non serve. Il fatto che poi a noi serva tantissimo è un’altra cosa. Noi respiriamo lo scarto delle piante, così come alcuni insetti e altri esseri viventi si cibano dei nostri scarti corporei e… le piante utilizzano l’anidride carbonica che noi buttiamo via ad ogni respiro.

Il quadro è completo ma è ancora troppo descrittivo; qualcuno riesce a seguire e ad immaginare questa ricetta incredibile della cuoca Clorofilla, qualcun altro molto meno.

Ecco perché mi è venuto in mente di costruire uno strumento che potesse servirmi, in prima battuta, a spiegare cosa succede nella fotosintesi, in seconda battuta, poi, a diventare uno strumento per il piano di lavoro. Con questo infatti posso lasciare liberi i bambini di costruire le molecole della fotosintesi e, perché no… magari anche qualcun altra.

Il carbonio ha 4 ‘braccini’ (questa immagine la devo alla maestra Rita Di Ianni che, mettendomela in testa, mi ha decisamente stimolato il pensiero). L’ossigeno ne ha 2 e l’idrogeno ne ha uno solo. Gli atomi stanno bene quando tutti i loro braccini vengono usati.

Ecco che, a partire da:

  • alcuni tappi delle bottiglie del latte (blu e rossi) e delle bottigliette dell’acqua (bianchi)
  • un trapanino per fare i buchi nei tappi
  • dei fermacampioni
  • delle strisce avanzate dalla plastificazione di altri strumenti
  • dei piccoli velcri adesivi

… sono nati i miei atomi di Carbonio (blu), di Ossigeno (rosso) e di Idrogeno (bianco).

Qui potete scaricare la descrizione di come costruire gli atomi.

Frazioni mascherate

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Un gioco per sfidarsi nel riconoscimento delle frazioni apparenti

Durante il lavoro sulle frazioni abbiamo scoperto, con la classe, che alcune di loro nascondono dei numeri interi ed è cominciato un bel brainstorming su quali frazioni potessero nascondere il numero 1, oppure il 2, oppure altri interi.

Abbiamo scoperto che possiamo scrivere infinite frazioni, equivalenti tra di loro, e che nascondono numeri molto più semplici.

Era Halloween quando ci siamo imbattuti in questo argomento e ci siamo divertiti ad immaginare i numeri che si travestivano da frazioni per non essere riconosciuti. Ovviamente, il gioco che ci è piaciuto di più è stato quello di smascherarle.

Si tratta di un gioco semplice ma che può aiutare i bambini ad esercitarsi.

Puoi scaricare il file Frazioni_mascherate.

Conto poco…

ma in modo furbo!

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Calcolare con strategie diverse, ottimizzate sulle proprie capacità

Questo strumento è nato nella mia mente mentre, tornando a casa dopo la scuola, ripensavo alle belle riflessioni e strategie nate in classe quella mattina.

Avevamo, nei giorni precedenti, lavorato sulle frazioni utilizzando un foglio da 540 quadretti (20×27). Lo avevamo suddiviso in mezzi, in terzi, in quarti, in quinti, ecc. costruendo figure equivalenti tra di loro, anche se di forma spesso diversissima. Era nata poi l’esigenza di controllare che tutti i quarti fossero effettivamente formati da 135 quadretti prima di metterli a posto, nel nostro raccoglitori di ‘quarti’; e così per le altre frazioni. Ho coinvolto i bambini in questo controllo e ci siamo trovati di fronte alla difficoltà di contare con precisione tutti quei quadretti. Subito sono sorte strategie che hanno sollevato gli animi di quelli che erano partiti contando i quadretti uno ad uno, con l’ansia di sbagliare e dover ricominciare da capo.

Nel lavoro dello scorso anno ho lavorato molto con le moltiplicazioni con i rettangoli, seguendo il progetto percontare.it, ma alcuni bambini non hanno pensato di usare quelle strategie. Solo guardando i compagni, a cui era venuto in mente di suddividere le forme in rettangoli, si sono illuminati e hanno cominciato a lavorare con serenità. Per alcuni è stato forse il primo momento in cui hanno capito a cosa potesse servire la moltiplicazione. Alla fine del lavoro ci siamo fermati a raccontarci cosa sentivamo di aver imparato con quel lavoro. Era partito come un lavoro di sistemazione delle nostre frazioni ed era diventato occasione di apprendere strategie; erano tutti molto contenti e consapevoli. Io mi sono portata a casa il desiderio di non far cadere questo stimolo e di trasformarlo in altro. Da questo è nato lo strumento che vi presento e che si chiama ‘Conto poco…’.

Si tratta di forme su carta quadrettata. La richiesta è quella di scoprire quanti quadretti ci siano dentro le forme. L’indicazione è quella di contare il meno possibile e farlo in modo funzionale alla soluzione del problema. Ognuno è libero di suddividere come preferisce e di utilizzare le tabelline che meglio conosce o che meglio si adattano alla forma che ha pescato.

Sul retro si trova la soluzione.

Un esempio:

Scarica il file dello strumento qui.

Io l’ho pensato come gioco da fare individualmente oppure a coppie, oppure nel piccolo gruppo per poter anche confrontare le differenti strategie. Per un gioco a coppie/gruppo potrebbe essere utile preparare più copie della stessa forma da poter far usare in contemporanea a più bambini.

Sviluppo dello strumento

Il passo successivo può essere quello di far costruire a loro, con dei fogli di carta quadrettata, nuove forme per giocare a sfidarsi.

La macchina della simmetria

Autrice: Clara Susini (8 anni)

Esercitarsi a trovare simmetrie

Una delle suggestioni date ai bambini, per le vacanze tra la seconda e la terza, era stata quella di pensare e costruire uno strumento didattico, come quelli del nostro piano di lavoro.

Clara è arrivata in classe a settembre con la sua macchina della simmetria. L’ha costruita con legno, velcro, cartoncini e plastificatrice.

Durante la terza, in momenti del piano di lavoro, si è dedicata, aiutata da alcune compagne, a scrivere le istruzioni per la costruzione ex novo della sua macchina. Ora è pronta per essere condivisa anche con tutte e tutti noi.

Nota della maestra: il gioco si espande facilmente mettendosi a costruire ulteriori forme simmetriche insieme alla classe, e ne possono venire di molto interessanti.

Potete scaricare le istruzioni per l’uso e la costruzione della macchina, facendo click qui.

La licenza di questo lavoro è Creative Commons BY-NC-SA.

Le somme parlate 2.0

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Esercitarsi con centinaia, decine e unità

Il nome Somme Parlate mi piace molto e lo devo a Rita Di Ianni.
Dopo aver usato con la classe le sue Somme Parlate mi è venuta voglia di farne una versione successiva, senza la parte grafica della quantità ma con l’esplicitazione delle quantità in formato numerico.

Siamo in terza, con la mia classe, ed è diventato più comodo usare i numeri, dopo il grande lavoro fatto negli anni precedenti con la rappresentazione delle quantità.

Siamo ripartiti dal concreto e abbiamo costruito centinaia in molti modi diversi, usando tanti strumenti e tante idee. Ora che ci siamo chiariti il concetto attraverso i nostri laboratori, possiamo addentrarci nel gioco delle Somme Parlate.

Si tratta di quantità raccontate in italiano, usando le parole unità, decine e centinaia. Ma in realtà sono somme nascoste tra le parole ed è divertente riuscire a capire che numero si cela dietro tutto quel parlare.

Ecco che 5 centinaia, 4 unità e 20 decine diventano per noi:

500 + 4 +200 

Scritte in linguaggio matematico ci sembrano già più comprensibili e riusciamo a dire che nascondono il numero 704.

Il gioco è costituito da delle carte plastificate, una/un bambina/o legge, l’altra/o (o gli altri) scrivono sul quaderno e scoprono il numero nascosto. Dietro la carta c’è la soluzione. Niente toglie di utilizzarlo anche per un lavoro individuale, di ‘allenamento’ in solitaria.

Sono un poligono?

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Uno strumento per consolidare il concetto di poligono

Dopo aver lavorato, in modo laboratoriale, con i bambini per scoprire cosa siano i poligoni, possiamo farli giocare con un gioco a coppie che aiuta a sviluppare l’osservazione, la categorizzazione e a consolidare l’idea di poligono.

Si tratta di carte con i disegni da una parte e le parole ‘poligono’ oppure ‘non poligono’ sul retro.

Si gioca osservando la figura e dicendo se si tratti di un poligono oppure no.

Per costruirlo è disponibile il file in pdf.

Consiglio di ritagliare prima lungo i margini esterni del rettangoloni con carte e parole, poi appaiarli ‘schiena a schiena’ con un po’ di colla. Tagliare poi le singole carte e plastificarle separatamente tra loro, così che rimanga un po’ di margine trasparente intorno (vengono molto più resistenti).

Equivalenzatore

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Uno strumento per aiutarsi nelle equivalenze

Dopo aver lavorato per bene (con esperienze dirette) sulla misura, sui suoi multipli e sottomultipli, si può presentare lo strumento.

L’idea è di lavorare parecchio sul passaggio dalla scrittura matematica al linguaggio e viceversa, in modo da far comprendere il senso delle marche delle misure (e quindi dello spostamento della virgola da una all’altra, senza che cambino le cifre).

Si tratta di una striscina di carta che, plastificata, diventa uno strumento individuale.

Ogni bambino può avere il proprio, su cui scrivere il nome.

Le marche sono spaziate tra loro di 0,5 cm per cui, messe sopra un numero scritto, per bene, dentro i quadretti, possono essere posizionate con la marca corretta laddove c’è la virgola. Questo utilizzando, ovviamente, i quadretti da 0,5. In caso diverso… va adeguato lo strumento!

Prerequisiti

Aver lavorato un po’ sulla lettura dei numeri decimali con le marche, facendo scrivere sul quaderno tabelle tipo questa:

Il numero…

… si legge in italiano…

3,24 m

“3 metri e 24”

123,50 €

“123 euro e 50”

1,256 l

“1 litro e 256”

258 m

“258 metri”

Questo al fine di far capire dove va la marca: la marca va prima della virgola (e quando la virgola non c’è va alla fine del numero, perché la virgola, in realtà è nascosta lì ma non ha senso dire ‘e zero’).

Come si usa

3,21 m = …. dm

Si legge il numero: “3 metri e 21”, si capisce che ‘metri’ va sul 3.

Si posiziona lo strumento con i metri al posto giusto:

 

Si osserva lo strumento, notando che i dm sono sopra il 2. Si legge il numero in decimetri:

“32 decimetri e 1”

Ora si può scrivere il risultato

3,21 m = 32,1 dm

Scarica qui il file con gli strumenti..

Scarica qui una scheda di esercizio con autocorrezione. Lo strumento può essere sempre usato anche con esercizi sul quaderno, purché scritti con precisione nei quadretti da 0,5 cm.

Che cos’è?

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Un gioco con foto di elementi naturali che stimola l’osservazione e la classificazione scientifica

Si gioca a coppie, o in piccolo gruppo (anche se alcuni amano esercitarsi da soli, qualche volta). A turno si guarda una foto e si dice: nome, vivente/non vivente, regno di cui fa parte. Un punto per ogni risposta corretta. Sul retro c’è l’autocorrezione fatta con i colori corrispondenti allo schema con cui sono state presentate le categorie.

Giocare ad indovinare, imparare nomi nuovi, esercitare la memoria e la capacità logica, senza far tanta fatica…

Ebbene sì, si può fare tassonomia (che parolona!) alla scuola primaria, divertendosi e senza saperlo.

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In genere mi limito a brevi spiegazioni per i miei strumenti. Questa volta sento di dover entrare un po’ nel merito del lavoro che c’è a monte.

Cominciare a classificare il mondo intorno a noi, secondo me, è una cosa fondamentale e anche molto divertente per i bambini.

Prima di tutto dobbiamo chiarirci che, alla scuola primaria, ci occuperemo di Scienze Naturali. Tutto ciò che è stato fatto dall’uomo, e quindi si può classificare come artificiale, passa nel campo della tecnologia e lo studieremo in quel contesto. Detesto suddividere in discipline il sapere, ma questo è un caso in cui, a mio parere, la suddivisione è utilissima per chiarire un concetto che non è affatto semplice: cosa è naturale e cosa no.

Qualsiasi oggetto che noi usiamo è fatto con materiali naturali. Almeno in origine lo erano, prima di essere trasformati in qualcos’altro. Questo confonde spesso.

Va chiarito bene che, quando si parla di naturale, non si intende che è fatto a partire da sostanze o elementi naturali; altrimenti la plastica sarebbe naturale, visto che è fatta da derivazioni del petrolio (sostanza naturalissima); il tavolo sarebbe naturale perché è fatto con il legno, ecc. In pratica, tutto sarebbe naturale!

No, le cose naturali sono quelle che esisterebbero anche in assenza della specie umana. Non è facile da capire e, a dirla tutta, parecchie cose che riteniamo naturali… passano dall’altra parte. Penso ai cani o alle galline che, nella forma in cui le conosciamo, con le varietà selezionate nel tempo dagli uomini… rientrerebbero negli elementi, almeno parzialmente, artificiali. Non è necessario fare queste distinzioni fini con i bambini; credo però che sia necessario averle in testa noi, mentre lavoriamo, per rispondere ad eventuali domande che, se loro avranno capito… sorgeranno quasi certamente.

È importante chiarire con i bambini che esistono cose artificiali (di cui per scienze non ci occuperemo più e che ‘volano via in una nuvola nel nostro schema’) ed elementi naturali.

Ritengo che sia fondamentale togliere dal campo tutte le cose artificiali, prima di arrivare alla domanda ‘è vivente o no?’. Trovo assolutamente assurda la domanda ‘la sedia è vivente?’. La sedia è artificiale e quindi non ci interessa e non ha senso chiedersi se sia vivente o meno.

Per parlare di viventi è necessario essere entrati nel concetto di ecosistema naturale. Anche se non lo avremo chiamato così (dipende dalla classe), saremo lì dentro, a guardare solo le cose che esistono a prescindere dalla costruzione umana di oggetti o altro.

I viventi sono quelli che:

  • nascono

  • crescono (nel senso che si modificano nel tempo, non obbligatoriamente aumentando le proprie dimensioni; pensiamo ad esempio alle farfalle)

  • possono riprodursi (ci tengo ad usare il ‘possono’, nel senso che hanno la potenzialità di farlo, per non confondere i bambini che magari pensano a persone che non hanno figli – per un motivo o per un altro – rischiando di non considerarli viventi; credo, inoltre, che sia importante  rispettare l’eventuale scelta o situazione personale che porta a non avere figli e che questo vada insegnato fin da piccoli)

  • muoiono

Avrà quindi senso chiedersi: ‘l’acqua è vivente?’ ‘il sasso è vivente?’ ‘il Sole è vivente?’.

Una volta capito che esistono i viventi e i non viventi sarà bello cominciare a suddividere i primi nei vari regni (batteri, funghi, vegetali e animali). La classificazione di questi regni è complessa, ci sono varie linee di pensiero tra gli scienziati; io ho scelto quella che mi sembra più idonea a parlare con bambini della scuola primaria.

Attenzione… i virus non rientrano in nessuno di questi regni. Dopo il coronavirus la domanda sorge sempre. Io rispondo che gli scienziati non sono ancora d’accordo se considerare i virus come viventi o non viventi perché, è vero che si riproducono, ma non riescono a farlo senza usare le nostre cellule, per cui non sono del tutto autonomi. Questo fa sì che qualcuno non li ritenga davvero ‘viventi’. In ogni caso, stanno fuori da questa nostra classificazione in regni.

Anche far sapere ai bambini che non è tutto chiaro, tutto già inscatolato, che anche gli adulti hanno dubbi su dove inserire un elemento, secondo me, è fare scienza davvero.

Ecco che, dopo questo lavoro, che viene riassunto sul quaderno con uno schema colorato che potete trovare qui, si arriva allo strumento ‘Che cos’è’, di cui trovate qui il file.

Carte delle tabelline

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Un gioco semplice ma che piace e aiuta la memorizzazione delle tabelline

Questo strumento non è assolutamente nulla di particolare, semplicemente delle carte con su una faccia la tabellina da calcolare e sul retro il risultato.
I bambini le usano per giocare al gioco dell’oca oppure semplicemente per calcolarle a turno e cercare di conquistare un grande numero di carte/punti.

Alcuni bambini le usano anche nel lavoro individuale, come ‘allenamento’ per poi giocare con maggiore sicurezza insieme agli altri, a questo e ad altri giochi.

Puoi trovare il file per costruire il gioco qui.