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Atomi e molecole

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Uno strumento per fare un tuffo nella chimica, usando le mani

Quando affronto il lavoro sulle piante cerco sempre di farlo con un occhio all’ecosistema. Presento le piante con la loro grande caratteristica di produttori della materia organica. Personalmente sono riuscita a capire davvero questa cosa solo all’università, prima l’avevo studiata ed imparata più volte, senza comprenderla.

Mi avevano sempre detto che le piante bevono e mangiano tramite le radici. Poi però mi dicevano che erano organismi autotrofi (che quindi si producevano il cibo da sole). Ecco, questa cosa per anni mi ha mandato in crisi.

La versione a cui sono arrivata e che condivido con i bambini è invece questa: le piante non mangiano. Proprio perché sono loro che, partendo da sostanze inorganiche semplicissime (che si trovano nell’aria e nel terreno) costruiscono le molecole che serviranno, prima di tutto, a far aumentare di dimensioni loro e poi, in seconda battuta, a far crescere e dare energia agli animali che se le mangeranno. Altro concetto importante che nasce da questo è che gli animali si nutrono solo di altri esseri viventi o di parti di essi; sembra scontato ma non lo è affatto. Noi mangiamo esseri viventi, di vario tipo, ma pur sempre esseri viventi.

Le piante bevono, questo sì. Bevono come noi, assumendo in forma liquida acqua e sali minerali. Magari a loro servono sali minerali diversi da quelli che servono a noi, almeno parzialmente, ma quello che assorbono con le radici è assimilabile al bere, non al mangiare.

Ecco che il concetto di AUTOTROFO comincia ad avere più senso. Appurato che le piante non mangiano, però crescono (questa è esperienza comune) in qualche modo devono aggiungere al proprio corpo della materia. Come fanno?

Qui entra in gioco il discorso della fotosintesi e la meraviglia di capire che la Clorofilla (che io presento come una molecola verde che vive in tutte le parti verdi della pianta e che ‘di mestiere’ fa la cuoca) prende l’ACQUA che arriva dalle radici (attraverso le nervature), la unisce all’ANIDRIDE CARBONICA che entra dagli stomi e, con la LUCE del Sole (o della Luna e delle stelle… ma ovviamente molto meno) cucina lo ZUCCHERO.

Seguendo la sua meravigliosa ricetta (che si intitola Fotosintesi) fa una delle cose più buone e più importanti della natura… lo zucchero e, mentre cucina, si accorge che gli avanza qualcosa. Un qualcosa che alla pianta proprio non serve. O meglio… gliene serve un po’ (perché anche le piante respirano, giorno e notte, come gli animali) ma quello che produce è proprio troppo! Quindi lo butta via, facendolo uscire attraverso gli stomi. Il suo scarto è l’OSSIGENO.

Quando i bambini realizzano che le piante usano l’anidride carbonica che noi buttiamo via e noi, invece, utilizziamo l’ossigeno che loro buttano via, in genere sono soddisfattissimi e, mi sento di dire, un grande obiettivo è raggiunto.

Qui si sfata il mito de: ‘le piante fanno ossigeno per noi’. No, le piante buttano via quello che a loro non serve. Il fatto che poi a noi serva tantissimo è un’altra cosa. Noi respiriamo lo scarto delle piante, così come alcuni insetti e altri esseri viventi si cibano dei nostri scarti corporei e… le piante utilizzano l’anidride carbonica che noi buttiamo via ad ogni respiro.

Il quadro è completo ma è ancora troppo descrittivo; qualcuno riesce a seguire e ad immaginare questa ricetta incredibile della cuoca Clorofilla, qualcun altro molto meno.

Ecco perché mi è venuto in mente di costruire uno strumento che potesse servirmi, in prima battuta, a spiegare cosa succede nella fotosintesi, in seconda battuta, poi, a diventare uno strumento per il piano di lavoro. Con questo infatti posso lasciare liberi i bambini di costruire le molecole della fotosintesi e, perché no… magari anche qualcun altra.

Il carbonio ha 4 ‘braccini’ (questa immagine la devo alla maestra Rita Di Ianni che, mettendomela in testa, mi ha decisamente stimolato il pensiero). L’ossigeno ne ha 2 e l’idrogeno ne ha uno solo. Gli atomi stanno bene quando tutti i loro braccini vengono usati.

Ecco che, a partire da:

  • alcuni tappi delle bottiglie del latte (blu e rossi) e delle bottigliette dell’acqua (bianchi)
  • un trapanino per fare i buchi nei tappi
  • dei fermacampioni
  • delle strisce avanzate dalla plastificazione di altri strumenti
  • dei piccoli velcri adesivi

… sono nati i miei atomi di Carbonio (blu), di Ossigeno (rosso) e di Idrogeno (bianco).

Qui potete scaricare la descrizione di come costruire gli atomi.

Animali dei continenti

Ideatrice: maestra Rita Di Ianni

In questo gioco si associano animali ai loro continenti. Certo è che alcuni animali non appartengono solo e soltanto ad un continente specifico, l’importante per me era creare un gioco che andasse a costruire o rafforzare l’immaginario di base (e non solo).

In classe ho bambini che non hanno mai sentito parlare del lama o del tapiro, qualcuno non distingue un ghepardo da una tigre. Cominciare ad assegnare un nome alle immagini che ci sono e riuscire anche a collocarle tra i continenti del mondo è un gioco che può essere sfidante e divertente per tutti.

Lo strumento può essere utilizzato in solitaria, a coppie o in piccolo gruppo.  La struttura del gioco è semplice: i bambini possono provare ad associare ogni foto al continente corrispondente e, girando la carta, verificano l’esattezza o meno della loro scelta.

Le immagini sono state prese dalla banca dati pixabay.com e possono essere utilizzate gratuitamente per uso commerciale e non, su carta e digitale. L’attribuzione non è richiesta.

Stampare a colori, fronte-retro e plastificare. Tagliare lungo i bordi. Buon divertimento!

Che cos’è?

Autrice: maestra (Emi)Lia Venturato

Un gioco con foto di elementi naturali che stimola l’osservazione e la classificazione scientifica

Si gioca a coppie, o in piccolo gruppo (anche se alcuni amano esercitarsi da soli, qualche volta). A turno si guarda una foto e si dice: nome, vivente/non vivente, regno di cui fa parte. Un punto per ogni risposta corretta. Sul retro c’è l’autocorrezione fatta con i colori corrispondenti allo schema con cui sono state presentate le categorie.

Giocare ad indovinare, imparare nomi nuovi, esercitare la memoria e la capacità logica, senza far tanta fatica…

Ebbene sì, si può fare tassonomia (che parolona!) alla scuola primaria, divertendosi e senza saperlo.

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In genere mi limito a brevi spiegazioni per i miei strumenti. Questa volta sento di dover entrare un po’ nel merito del lavoro che c’è a monte.

Cominciare a classificare il mondo intorno a noi, secondo me, è una cosa fondamentale e anche molto divertente per i bambini.

Prima di tutto dobbiamo chiarirci che, alla scuola primaria, ci occuperemo di Scienze Naturali. Tutto ciò che è stato fatto dall’uomo, e quindi si può classificare come artificiale, passa nel campo della tecnologia e lo studieremo in quel contesto. Detesto suddividere in discipline il sapere, ma questo è un caso in cui, a mio parere, la suddivisione è utilissima per chiarire un concetto che non è affatto semplice: cosa è naturale e cosa no.

Qualsiasi oggetto che noi usiamo è fatto con materiali naturali. Almeno in origine lo erano, prima di essere trasformati in qualcos’altro. Questo confonde spesso.

Va chiarito bene che, quando si parla di naturale, non si intende che è fatto a partire da sostanze o elementi naturali; altrimenti la plastica sarebbe naturale, visto che è fatta da derivazioni del petrolio (sostanza naturalissima); il tavolo sarebbe naturale perché è fatto con il legno, ecc. In pratica, tutto sarebbe naturale!

No, le cose naturali sono quelle che esisterebbero anche in assenza della specie umana. Non è facile da capire e, a dirla tutta, parecchie cose che riteniamo naturali… passano dall’altra parte. Penso ai cani o alle galline che, nella forma in cui le conosciamo, con le varietà selezionate nel tempo dagli uomini… rientrerebbero negli elementi, almeno parzialmente, artificiali. Non è necessario fare queste distinzioni fini con i bambini; credo però che sia necessario averle in testa noi, mentre lavoriamo, per rispondere ad eventuali domande che, se loro avranno capito… sorgeranno quasi certamente.

È importante chiarire con i bambini che esistono cose artificiali (di cui per scienze non ci occuperemo più e che ‘volano via in una nuvola nel nostro schema’) ed elementi naturali.

Ritengo che sia fondamentale togliere dal campo tutte le cose artificiali, prima di arrivare alla domanda ‘è vivente o no?’. Trovo assolutamente assurda la domanda ‘la sedia è vivente?’. La sedia è artificiale e quindi non ci interessa e non ha senso chiedersi se sia vivente o meno.

Per parlare di viventi è necessario essere entrati nel concetto di ecosistema naturale. Anche se non lo avremo chiamato così (dipende dalla classe), saremo lì dentro, a guardare solo le cose che esistono a prescindere dalla costruzione umana di oggetti o altro.

I viventi sono quelli che:

  • nascono

  • crescono (nel senso che si modificano nel tempo, non obbligatoriamente aumentando le proprie dimensioni; pensiamo ad esempio alle farfalle)

  • possono riprodursi (ci tengo ad usare il ‘possono’, nel senso che hanno la potenzialità di farlo, per non confondere i bambini che magari pensano a persone che non hanno figli – per un motivo o per un altro – rischiando di non considerarli viventi; credo, inoltre, che sia importante  rispettare l’eventuale scelta o situazione personale che porta a non avere figli e che questo vada insegnato fin da piccoli)

  • muoiono

Avrà quindi senso chiedersi: ‘l’acqua è vivente?’ ‘il sasso è vivente?’ ‘il Sole è vivente?’.

Una volta capito che esistono i viventi e i non viventi sarà bello cominciare a suddividere i primi nei vari regni (batteri, funghi, vegetali e animali). La classificazione di questi regni è complessa, ci sono varie linee di pensiero tra gli scienziati; io ho scelto quella che mi sembra più idonea a parlare con bambini della scuola primaria.

Attenzione… i virus non rientrano in nessuno di questi regni. Dopo il coronavirus la domanda sorge sempre. Io rispondo che gli scienziati non sono ancora d’accordo se considerare i virus come viventi o non viventi perché, è vero che si riproducono, ma non riescono a farlo senza usare le nostre cellule, per cui non sono del tutto autonomi. Questo fa sì che qualcuno non li ritenga davvero ‘viventi’. In ogni caso, stanno fuori da questa nostra classificazione in regni.

Anche far sapere ai bambini che non è tutto chiaro, tutto già inscatolato, che anche gli adulti hanno dubbi su dove inserire un elemento, secondo me, è fare scienza davvero.

Ecco che, dopo questo lavoro, che viene riassunto sul quaderno con uno schema colorato che potete trovare qui, si arriva allo strumento ‘Che cos’è’, di cui trovate qui il file.

Uccelli d’Italia

Autrice: maestra Rita Di Ianni

NEWS: dopo un confronto con la mia collega (maestra e biologa) Lia Venturato ho modificato il file inserendo altri uccelli e correggendo alcune imperfezioni!

Quest’anno ho una seconda molto vivace e curiosa che ben presto si è appassionata ad ogni forma di vita possibile e, dopo aver passato mesi su ragni e insetti di vario tipo, ho pensato di introdurli al mondo degli uccelli con questo appassionante e semplice gioco.

Lo strumento prende spunto dai classici giochi di nomenclatura montessoriana ed è composto da un mazzo di carta raffiguranti alcuni uccelli d’Italia e da un mazzo di cartellini dove in corsivo sono registrati i nomi degli animali.

Le immagini sono state prese dalla banca dati pixabay.com e possono essere utilizzate gratuitamente per uso commerciale e non, su carta e digitale. L’attribuzione non è richiesta.

Lo strumento può essere utilizzato in solitaria, a coppie o in piccolo gruppo.  La struttura del gioco è semplice: i bambini possono provare ad associare la nomenclatura ad ogni foto e girando la carta possono verificare l’esattezza o meno della loro scelta.

Stampare a colori, fronte-retro e plastificare. Tagliare lungo i bordi.