Il piano di lavoro – presentazione

Sommario

Individualizzare gli apprendimenti

L’utilizzo della tecnica didattica del piano di lavoro è una scelta maturata progressivamente a seguito di un’esigenza, largamente diffusa nelle classi di scuola primaria e secondaria di primo grado di questi anni: la differenziazione dei percorsi di apprendimento. Spesso in classe ci viene da pensare: “Quel bambino è troppo indietro, devo preparargli del materiale individualizzato!”

Ci rendiamo infatti conto benissimo che l’attività uguale per tutti ormai non funziona più (se mai ci sia stato un tempo in cui funzionasse). E nemmeno ci possiamo più accontentare dell’apprendimento collettivo, fatto di ricerca per gruppi, di analisi collettiva delle fonti, di discussioni euristiche. Ci appare evidente che ci sono esigenze diverse, sia in termini di sviluppo, di creatività, di interessi, che, soprattutto, in termini di consolidamento e prima acquisizione di tecniche di base. Tra l’altro tutto questo ha ormai un riconoscimento formale nel Piano Didattico Personalizzato (PDP), il quale si limita a tracciare degli obiettivi e delle linee di indirizzo, ma fatica ad entrare nel merito del come fare. Si parla di compensazione e di dispensazione, come se si potesse semplicemente modificare alcune caratteristiche del lavoro di classe per renderlo adatto a questi bambini con bisogni educativi speciali. 

Insomma, il lavoro collettivo ed euristico è affascinante e potente; risveglia la curiosità e gli interessi, ma talvolta ci sembra che non basti. Coloro che sono meno intuitivi, coloro che hanno un disturbo specifico, coloro che padroneggiano meno la lingua, hanno bisogno anche di altro: di tempo e materiali dedicati a consolidare le loro capacità. 

E allora ci si affida alle compresenze. Si divide la classe, si creano gruppetti di livello omogeneo e si procede al consolidamento dell’ortografia, della lettura, del calcolo. Di quelle abilità, insomma, che si ritengono essere la base di tutto. 

L’impostazione che consegue all’idea che il lavoro “vero” sia quello di classe e che gli adattamenti, vuoi dispensando o compensando, vuoi differenziando totalmente in casi particolari o usando le compresenze, contiene comunque un implicito messaggio. La “normalità” è quella della maggioranza. Chi deve seguire un’attività o un metodo diverso ha, in qualche modo, un problema. E questo è un difetto grave, che porta lentamente ad una mancanza di autostima e di autonomia da parte di questi bambini e bambine che in realtà avrebbero bisogno dell’esatto contrario.

Invece, se ognuno impara in modo diverso, è bene che ne sia consapevole, che sappia di essere diverso dal compagno, ma non meno intelligente. Bisogna mettere tutti nelle condizioni di pensare: “Io imparo meglio così!” Si tratta di quel “imparare ad imparare” richiesto anche dalle competenze chiave europee.

Serve quindi un modo di lavorare nel quale ognuno diventi sempre più autonomo, che interrompa quell’impostazione autoritaria e passiva che spesso permea la scuola. È necessario che coloro che imparano capiscano come valutare i progressi, le difficoltà, che riescano a impostarsi un programma che gli consenta di progredire, ma anche di sbagliare. “A nessuno piace essere comandato” diceva Celestin Freinet. A tutti piace sentirsi liberi nelle proprie scelte, aggiungiamo noi. Se ognuno decide le attività a cui dedicarsi, quelle che gli permettono di essere più competente, quelle consone con il suo modo di imparare, quelle che lo stimolano e lo incuriosiscono, sarà molto motivato ad apprendere. Perché alla fine è per questo che si impara: perché è piacevole, stimolante, perché dà soddisfazione, perché ci aiuta a crescere. 

Ecco che, di fronte a questi ragionamenti, che pensiamo molto comuni tra i docenti della scuola di oggi, abbiamo scovato e riadattato un’idea nata da un’intuizione di Celestin Freinet in un diverso contesto storico ma perfettamente attualizzabile: il Piano di lavoro individuale. 

Il concetto è in sé banale: ogni bambino e ogni bambina ha delle esigenze didattiche diverse. C’è chi è forte in un ambito disciplinare, chi in un altro. C’è chi ha una grande creatività che esprime volentieri nella scrittura e chi è un buon esecutore. Chi impara meglio con l’esercizio, chi nella libertà, chi nel gioco. 

E allora, invece di etichettare alcuni bambini e alcune bambine come diversi e implicitamente inferiori, proviamo ad esplicitare i bisogni didattici di ognuno, creando un clima pienamente inclusivo e democratico. Nella pratica questo significa che in una classe di 24 bambini avremo 24 diversi stili, esigenze, obiettivi, programmi di lavoro. 

Dite che è il caos? Invece no.

Ovviamente è un meccanismo complesso, che non si può imparare solo leggendo queste pagine. Per prima cosa bisogna crearsi gli strumenti e non è facile: mica si può reinventare tutto ogni volta! Per questo motivo abbiamo costruito lo strumentario mce: un grande armadio in cui mettere le mani. Questo però non basta: serve un aiuto per provare. Perché alla fine è con l’intreccio tra intuizione ed esercizio che si impara davvero e questo vale anche per noi docenti. Inoltre ogni classe ha le sue necessità e modalità di attuazione della tecnica.

Per questo, su sollecitazione di diversi gruppi di insegnanti, abbiamo messo in piedi un blog che raccoglie e mette a disposizione diversi materiali, che abbiamo chiamato “Lo Strumentario”, e  dei gruppi di ricerca azione sull’organizzazione e l’utilizzo di questa tecnica. Al termine dell’articolo troverai i riferimenti per trovare il gruppo più vicino al tuo territorio e per iscriverti… mettiti in gioco… lasciati tentare!

Le attività del piano di lavoro

Entriamo ora nel merito delle tipologie di attività che possono far parte del piano di lavoro. Ovviamente si tratta di un elenco parziale, che cerca di mettere ordine nella grande pluralità di esigenze che un bambino o una bambina può avere. Se stiamo ad ascoltare Loris  Malaguzzi e i suoi 100 linguaggi, l’insegnante ideale dovrebbe avere una classe stracolma di materiali diversi, pronti all’occorrenza.

Siccome però nessuno di noi è Malaguzzi,  mettiamo i piedi per terra e cerchiamo di fare ordine.

Dividiamo intanto, per amore di analisi, i tipi di attività per finalità: le esercitazioni, delle quali parleremo a lungo nel punto 3 di questo testo, il tutoraggio (punto 4),  le attività di approfondimento e creatività (punto 5), i progetti collettivi (punto 6).

In breve le attività di esercitazione (o di “allenamento”)  sono quelle che permettono al bambino o alla bambina di affrontare uno specifico obiettivo didattico, di scegliere il modo per farlo nella pluralità di possibilità a disposizione, di valutare i progressi ottenuti. 

Il tutoraggio tra pari si può applicare invece in quei casi in cui ci sono situazioni particolarmente asimmetriche, come la presenza di  un/una nuovo/a alunno/a non italofono/a, un/una bambino/a con Bisogni Educativi Speciali, oppure in ogni momento in cui un bambino o una bambina si mostra particolarmente esperto in qualche capacità.

Le attività di approfondimento e creatività abbracciano invece una grande pluralità di possibili attività. Sono possibili attività di potenziamento e sviluppo, con materiali che possono consentire di formulare nuove ipotesi, di fare esperienze, di analizzare nuove fonti. Infine sono possibili attività creative più libere, come il testo libero, la  lettura libera o anche attività artistiche di qualche genere.

I progetti collettivi comprendono una serie di attività diverse che hanno una progettualità di classe come la corrispondenza scolastica, il giornale, il blog, la radio, il telegiornale, la partecipazione ad eventi, spettacoli, mostre. 

All’interno del Piano di Lavoro inoltre si concretizza una preziosa possibilità per l’insegnante, una specie di carta jolly, mentre tutta la classe è impegnata nel lavoro autonomo, questo/a potrà concentrarsi con uno o più alunni per un intervento mirato e altamente personalizzato.

Allenamenti: il circolo virtuoso

Una grande parte del piano di lavoro è dedicata all’esercizio. Questo però necessita di procedure precise, affinché non sia una mera esecuzione fine a se stessa, ma invece sia inserito in un percorso di consapevolezza dei propri apprendimenti. Abbiamo chiamato questo processo che precede, accompagna e segue le attività di allenamento “il circolo virtuoso”.

Il primo fondamentale passo consiste nell’individuazione degli obiettivi di apprendimento, sia collettivi che individuali. Insieme agli attori del processo di apprendimento si individuano poi gli strumenti e le modalità di lavoro più adeguate per il raggiungimento dei singoli obiettivi. Ogni alunno tiene traccia del proprio lavoro (attività svolte e strumenti utilizzati) e lo condivide con tutto il gruppo classe. Dopo un periodo di “allenamento”, si procede alla verifica dei risultati, utile alla progettazione di un nuovo step del proprio percorso di apprendimento.

Individuazione degli obiettivi

L’individuazione degli obiettivi di apprendimento è una parte fondamentale del circolo virtuoso. Più la scelta viene fatta insieme ai ragazzi e alle ragazze, più essi saranno forti in consapevolezza e motivazione. Si consiglia di partire da un compito di realtà, per esempio il desiderio di raccontare il proprio anno scolastico ai corrispondenti, oppure saper tenere la contabilità della cassa scolastica. Si cercano quindi gli obiettivi strumentali che, messi insieme, consentirebbero la realizzazione del progetto. Ovviamente non sempre gli obiettivi devono essere legati ad un compito di realtà. L’importante è però che essi siano espliciti, ben chiari ai bambini e alla bambine e che abbiano un fine “motivante” che faccia capire l’utilità degli apprendimenti. 

Dall’obiettivo a lungo termine, comune a tutta la classe, si va alla ricerca delle abilità e delle competenze che ogni singolo alunno deve acquisire per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comune. A questo punto bisogna procedere ad un momento di verifica individuale della situazione. Come va l’ortografia? Come la punteggiatura? So eseguire le somme? E le sottrazioni? Ogni bambino e ogni bambina si mette alla prova (potrà essere necessario fissare prove diverse, in caso di oggettivi deficit cognitivi o diagnosi specifiche). Dalla prova emerge il quadro degli obiettivi personali da raggiungere. Antonio dovrà esercitarsi sull’H, mentre Caterina lavorerà alla differenza tra il punto e la virgola, per dire…

Anche in questo caso quanto più i bambini e le bambine saranno coinvolti/e in modo attivo e partecipato nell’individuazione degli obiettivi personali, quanto più saranno autonomi nella scelta degli strumenti e delle attività da svolgere per raggiungere i propri obiettivi. 

Sarebbe opportuno, infatti, che fosse l’alunno stesso ad individuare gli obiettivi di apprendimento individuali su cui lavorare. In questa delicata fase l’insegnante ha la funzione di guida; instaurando con i propri alunni un dialogo metacognitivo che li aiuti a focalizzare i propri punti di forza e debolezza, faciliterà il processo di autoconsapevolezza dei propri punti di forza e debolezza. In questo modo si andrà ad allenare non solo gli apprendimenti, ma anche la metacognizione e i processi di autovalutazione. 

PER APPROFONDIRE: I BREVETTI

Gli strumenti

A questo punto entrano in gioco gli strumenti, alcuni dei quali  si possono trovare ne “lo strumentario”. Si tratta di oggetti inventati da qualche maestro o maestra, copiati da altri, migliorati, adattati. 

Le attività possono essere di vario tipo:

  • attività individuali autocorrettive. Questi esercizi, a differenza delle normali schede, sono direttamente utilizzabili da alunni e alunne che li sceglieranno in base ai loro bisogni e soprattutto contengono un sistema di autocorrezione e autovalutazione, il che li rende indipendenti dalla presenza dell’insegnante.
  • lavori di coppia, nei quali ogni bambino o bambina “allena” l’altro/a. Possono essere semplici giochi oppure anche attività più simili ad un peer-tutoring reciproco.
  • giochi di gruppo, nei quali i bambini e le bambine esercitano una capacità, attraverso un gioco cooperativo o competitivo, che scateni il piacere di raggiungere un risultato. In questo modo si impara giocando!

Lo stile di apprendimento dei bambini e delle bambine è infatti molto vario. Ci sono quelli che prediligono il rapporto e quindi scelgono più spesso attività di coppia, quelli che amano il gioco, altri che invece usano volentieri delle attività individuali autocorrettive, fino a passarci interi pomeriggi. Questa diversità impone la presenza di tanti strumenti per ogni obiettivo, almeno 4-5, il più possibile vari. In questo modo ogni bambino o bambina potrà scegliere quelli a lui/lei più congeniali. Inoltre la varietà permette di non annoiarsi, e di provare stili di apprendimento diversi.

Quello che avviene a questo punto è che, poiché i bambini lavorano contemporaneamente su obiettivi diversi e ognuno di essi è potenziato dai suoi strumenti, in classe sono presenti una grande varietà di oggetti didattici. 

Poiché nello stesso momento ogni bambino o bambina deve poter lavorare su uno specifico obiettivo che ha scelto, e dato che ogni obiettivo viene potenziato da uno o più strumenti, in classe deve essere disponibile una grande varietà di oggetti didattici. È fondamentale quindi che sia indicato in modo scritto o grafico il collegamento tra gli obiettivi e i loro strumenti. Ad esempio, Antonio deve sapere che ha a disposizione l’attività autocorrettiva “Con l’H o senza?”, il “gioco dell’oca delle doppie”, i dettati a coppie, mentre Caterina potrà giocare con “la battaglia navale della punteggiatura”, esercitarsi con “Virgola o punto?” oppure creare la storia con “l’inventastorie”. In questo modo il bambino può ricordare rapidamente quale sia il range di strumenti e attività tra i quali può scegliere.

PER CERCARE UNO STRUMENTO SUL BLOG

Organizzazione/Gestione del lavoro

Ogni bambino avrà un luogo personale sul quale saranno segnati gli obiettivi da raggiungere. Ragionevolmente si tratterà di una tabella individuale, ma sono possibili anche altre soluzioni. Sulla riga corrispondente all’obiettivo è possibile indicare, con i disegni o le parole, gli strumenti e le attività utilizzabili per allenare quella abilità. Questo consente, specialmente quando viene inserito un nuovo obiettivo, di orientarsi velocemente tra gli oggetti a disposizione. 

È  possibile che alcuni strumenti siano più utilizzati di altri oppure che alcuni software siano operativi sullo stesso device. Insomma può essere necessario un sistema di prenotazione. Nel caso esso si riveli troppo complesso, sarà necessario duplicare lo strumento, per evitare che i tempi di attesa per il suo utilizzo siano troppo lunghi. In generale, in una classe dotata di una buona quantità di strumenti, la prenotazione è limitata a poche situazioni particolari. Inoltre al livello organizzativo potrebbe essere utile una tabella in cui ogni alunno possa vedere gli strumenti presenti nel proprio piano di lavoro e quelli dei compagni; in questo modo potrà rendersi velocemente conto con chi poter lavorare nel caso in cui nel suo piano di lavoro vi siano strumenti da utilizzare in coppia o piccolo gruppo. 

L’organizzazione del lavoro può prevedere anche delle limitazioni o delle scansioni orarie. Entrambe sono decise dall’insegnante o dalla classe sulla base di quello che avviene durante il piano di lavoro. Può avvenire ad esempio che gli allenamenti siano trascurati a favore delle attività creative o viceversa. Si può pensare in questi casi di vincolare i bambini ad occuparsi equamente dei due settori, oppure a svolgere per lo meno un’attività al giorno/alla settimana di allenamento o creativa. Oppure di scegliere un obiettivo e di dedicarsi a quello ogni settimana finché non vi siano apprezzabili passi avanti.

Anche la scansione del tempo è una variabile gestibile dall’insegnante. Si può lasciare totale libertà di organizzazione, si può scandire il tempo di lavoro in sessioni definite (20 minuti, mezz’ora, 40 minuti…eccetera) obbligando al cambio di attività al termine della sessione. Questo dipende sia dal grado di autonomia della classe, sia dall’esperienza dell’insegnante, sia da quanto la procedura del piano di lavoro sia interiorizzata dalla classe.

PER APPROFONDIRE: LA GESTIONE DEL TEMPO

Registrazione e condivisione

Al termine della giornata, della sessione del tempo di lavoro, si procede alla registrazione. Ogni bambino e ogni bambina nella tabella individuale segna (con una crocetta, ad esempio) le attività svolte, eventualmente valuta il grado di autonomia e serietà con cui l’ha portata a termine e il risultato percepito.

È importante che alla registrazione faccia seguito un momento di condivisione, in cui ognuno racconti in breve ai compagni cosa ha fatto. Non è fondamentale che questo avvenga ad ogni sessione e per tutti i bambini ogni volta. È però sostanziale che esista questo momento, in cui ogni bambino si assuma la responsabilità del lavoro svolto, nelle modalità di gestione dei tempi e del relativo rispetto del proprio piano di lavoro.

PER APPROFONDIRE: REGISTRAZIONE E CONDIVISIONE

Valutazione e autovalutazione

Dopo giorni o settimane di esercizio il bambino o la bambina può avere la percezione di aver raggiunto l’obiettivo. “Maestra, faccio gli esercizi dell’H sempre giusti” potrebbe dire Antonio.

Esiste quindi un momento codificato, oppure spontaneo, nel quale si può verificare insieme se questa percezione corrisponde alla realtà. Si tratta quindi di un nuovo momento di verifica, simile a quello iniziale, nel quale il bambino e l’insegnante, alla luce dei risultati, decidono quale comportamento successivo tenere. Tra insegnante e studente si attiva un dialogo metacognitivo e di riflessione sul percorso effettuato fino a quel momento; si tratta di un momento di riprogettazione del percorso da svolgere.

L’obiettivo potrebbe essere raggiunto totalmente. In questo caso si colora la riga della tabella, si consegna il brevetto, si segnala in qualche modo il risultato e si passa oltre.

Oppure l’obiettivo potrebbe essere raggiunto parzialmente, magari meglio di quanto lo fosse prima. In questo caso si registra il miglioramento e si invita a continuare l’esercizio, oppure si passa a livelli di complessità più alti.

Si può anche constatare che il bambino non ha proprio capito la teoria che precede l’esercizio (per esempio il motivo per cui decine e unità siano incolonnate in una certa maniera). A quel punto sarà cura dell’insegnante costituire dei piccoli gruppi, oppure dedicare del tempo individualizzato, durante il quale rispiegare concretamente il nodo concettuale sul quale il bambino si è bloccato.

Quale che sia il risultato del momento di verifica, esso ridefinisce comunque gli obiettivi del bambino, la sua scheda organizzativa e, di fatto, il suo futuro lavoro, che, passo dopo passo, riparte lungo il circolo virtuoso.

PER APPROFONDIRE: AUTOVALUTAZIONE

Tutoraggio

Il Piano di lavoro consente anche di gestire con maggiore serenità le attività di peer tutoring spesso presenti nelle classi. La presenza in classe di alunni con certificazione L.104/92, possono essere la giusta occasione per attivare questa tipologia di tutoraggio tra pari.  Ma lo è anche l’arrivo di un bambino o di una bambina che non abbia alcuna dimestichezza con la lingua veicolare: l’italiano. Per estensione, questa modalità può essere applicata a qualsiasi capacità nella quale qualcuno sia più competente di qualcun altro.

Il bambino o la bambina sarà quindi aiutato, guidato, attraverso strumenti speciali predisposti dall’insegnante, eventualmente con il supporto degli specialisti, all’apprendimento per lui congeniale. Dove possibile è importante prevedere una restituzione nella coppia, cioè l’apprendimento da parte del tutor di una particolare abilità del compagno o della compagna tutorata, siano i numeri nella sua lingua madre, la capriola all’indietro sul tappetino o qualsiasi altra capacità. È infatti fondamentale che tutti capiscano che il principio base che è sotteso al Piano di lavoro è che ognuno ha delle capacità in cui è più forte e altre nelle quali è più debole, e questo vale per tutti.

 

Approfondimento e creatività

Ci siamo a lungo soffermati sulle attività strettamente legate al raggiungimento di obiettivi specifici. Nel Piano di lavoro c’è però spazio per molto altro. In particolare l’organizzazione libera permette moltissime attività di sviluppo che incentivano i cento linguaggi di cui parlava Malaguzzi. Abbiamo infatti nella scuola molti bambini e molte bambine che mostrano grandi interessi, per i quali non riusciamo a trovare spazio nella normale routine quotidiana. Ecco che il Piano di lavoro permette loro di esprimersi, di ricercare, di approfondire individualmente o nel gruppo quel che maggiormente interessa. Si può trattare di progetti collettivi della classe, ma anche di personali curiosità individuali. Citiamo di seguito alcune di queste possibili attività. Non è detto che nell’organizzazione del Piano di lavoro debbano essere presenti tutte e nemmeno che non ce ne possano essere altre che non si trovano in questa lista. L’importante è sempre che l’insegnante, in accordo con la classe, inserisca ciò che ritiene utile per quel particolare gruppo in quel determinato periodo.

Testo libero

Uno specifico lavoro di potenziamento è il testo libero. Si tratta di una tecnica antica e semplice: la scrittura libera di qualsiasi tipo di testo, con lo scopo comunicativo di leggerlo poi alla classe. Questo lavoro può anche essere guidato attraverso degli specifici strumenti, può avere dei limiti o delle procedure specifiche (prima si scrive in brutta copia, poi si copia sul foglio apposito e infine si produce un’immagine, per esempio).

I limiti e le procedure dipenderanno dal gruppo, dal contesto, dall’insegnante e potranno anche essere modificate. L’importante è che sia preservata la libertà dei bambini di usare questo mezzo per esprimersi. C’è chi sceglierà le storie fantastiche, chi la poesia, chi racconterà i suoi sogni o  le sue esperienze.

L’importante è che sia previsto un tempo nel quale questi lavori possono essere condivisi. Non importa che lo siano sempre tutti. Quello che è fondamentale è che prima o poi chiunque abbia la possibilità di leggere e mostrare le sue produzioni.

Rientra nel calderone “testo libero” anche l’eventuale messaggistica/corrispondenza interna alla classe o ai personaggi protagonisti delle letture ad alta voce. Scriversi lettere e messaggi, è infatti un ottimo tramite per incentivare l’entusiasmo verso la scrittura. Anche le lettere, in questo senso, sono un tipo specifico di testo libero.

Preparazione delle conferenze

Questo filone di attività potrebbe intitolarsi anche potenziamento. Si tratta di stimolare i ragazzi ad approfondire qualche particolare argomento o abilità, che dipartendosi dal lavoro collettivo di classe oppure totalmente ad esso estraneo, siano di qualche interesse per i bambini.

Se, ad esempio, nel lavoro scolastico si è affrontato il quadro di civiltà della Repubblica romana, sarà possibile approfondire singoli aspetti dei modi di vita di quel popolo, attraverso l’utilizzo di libri tematici comprati con l’adozione alternativa al libro di testo o su specifici siti online.

Può essere però anche concesso l’approfondimento più vasto, di quadri di civiltà di altri popoli antichi, che non sono oggetto di studio collettivo. Oppure si concederà la libertà totale di approfondimento di un qualsiasi argomento.

Si può predisporre uno spazio per delle attività di sperimentazione scientifica guidata, ad esempio, oppure una guida alla decodifica di mappe geografiche… 

All’interno di questa grande categoria di attività ci possono stare anche dei giochi di sviluppo: dei materiali generativi che possono indurre ad apprendimenti nuovi. Ad esempio, dopo aver studiato il funzionamento del ritmo a quattro quarti, da disegnare con i gessi sul cemento del cortile ed eseguire con le bacchette di legno, si può consegnare il materiale con un uso libero: sperimentate cosa succede se invece di 4 battiti, se ne fanno 3 o cinque, per esempio, oppure nessuno. 

In ogni caso, sarà previsto un momento di restituzione alla classe del contenuto appreso delle osservazioni registrate, delle riflessioni o delle ipotesi scaturite.

 Dibattito

Un particolare lavoro collettivo è quello del dibattito. Questa attività nel nostro mondo nel quale le informazioni sono sovrabbondanti ma manca la profondità, è sicuramente interessante. L’insegnante si preoccuperà di fornire articoli preparatori in cui due tesi siano messe a confronto ed inviterà i bambini a confrontarsi sul tema.

Lettura libera

Uno spazio per la lettura libera è molto adatto al piano di lavoro. Il piacere della lettura infatti passa necessariamente per il tempo dedicato durante il lavoro scolastico. Senza nulla togliere ad eventuali altri momenti in cui ognuno possa leggere ciò che desidera, la possibilità di ritagliarsi un momento per il proprio libro in maniera autonoma crea quella libertà totale di leggere o di non farlo, cara a Pennac. Sarebbe opportuno che nell’aula, o addirittura in giardino, fosse presente uno spazio dedicato a questa attività con limitazioni precise sul silenzio e sulla possibilità di essere disturbati mentre si è immersi nella propria storia.

 Attività artistiche

È  possibile inserire nel Piano di lavoro anche attività di tipo artistico. In questo caso si tratta di allestire dei laboratori, nei quali siano presenti i materiali necessari alla creazione delle opere. Si può, ad esempio, permettere di creare vasi di argilla, dopo aver lavorato tutti insieme sul tornio lento. Oppure si può invitare a creare ulteriori mosaici da mettere in mostra insieme a quelli creati tutti insieme. O più semplicemente, qualche bambino avrà bisogno di più tempo per creare la sua opera iniziata in un tempo di lavoro a classe intera. Bene, la potrà terminare nel laboratorio artistico durante il piano di lavoro!

 

Progetti collettivi

Una categoria leggermente diversa, rispetto alle attività di approfondimento e creative, è quella dei progetti collettivi. In una classe cooperativa, infatti, sono spesso presenti progetti a media scadenza, compiti di realtà, come si usa chiamarli oggi, nei quali però persone e gruppi hanno tempi di realizzazione diversi. La flessibilità del Piano di lavoro permette quindi di dedicare, saltuariamente o stabilmente, del tempo per la conclusione di queste attività. Ne esemplifichiamo alcune, senza pretesa di esaustività.

Corrispondenza scolastica

La classe potrebbe essere in corrispondenza con un’altra. In questo caso potrebbe essere necessario produrre un cartellone, un dipinto collettivo, dei manufatti che non possono essere eseguiti da tutti contemporaneamente. Ecco che il Piano di lavoro permette di comprendere anche questo tipo di attività. Mentre la classe sarà occupata, il gruppo incaricato potrà produrre il manufatto necessario!

Giornale, radio, TG, blog di classe

È  possibile che nella scuola sia attivo un giornale, un blog, una radio o un telegiornale: una qualsiasi produzione di contenuti destinata all’esterno. È  possibile che esista una redazione, che ci siano incarichi specifici di produzione, di messa a punto, di registrazione. Ecco che il Piano di lavoro offre la possibilità ad un gruppo di alunni di lavorare in autonomia sulla realizzazione del loro prodotto.

Altri progetti

Ovviamente sono possibili innumerevoli altri progetti. Si può dipingere lo striscione per uno sciopero per il clima, si può produrre un comunicato stampa, una lettera alle altre scuole, si può pulire il giardino a rotazione, tanto per fare alcuni esempi. Il Piano di lavoro con la sua individualizzazione totale permette di mettere in atto qualsiasi attività di piccolo gruppo senza che nessuno “perda la lezione”. La lezione, infatti, non esiste, per lo meno non esiste in generale. Ognuno ha la sua: fatta di obiettivi, desideri, incarichi assegnati dal gruppo. Nessuno perde nulla. Ognuno impiega il suo tempo nel modo migliore.

 

Il ruolo dell’insegnante

Risulta evidente, in una modalità di lavoro come quella appena descritta, nella quale gruppi diversi, singoli, coppie lavorano con attività di vario genere, che il ruolo dell’insegnante debba a sua volta ridefinirsi.

Da un lato l’insegnante è il garante del funzionamento complessivo dell’organizzazione, dall’altra non può avere la pretesa del controllo puntuale del lavoro. Se, infatti, il maestro o la maestra vuole controllare continuamente cosa fanno gli alunni e con quali risultati, è destinato ad abbandonare presto il Piano di lavoro. Tale pretesa è in contrasto con l’autonomia del singolo ed è semplicemente impossibile da attuare.

L’osservazione rimane comunque una delle attività principali da portare avanti. Si possono rilevare dei problemi generali di procedura, di consapevolezza, di chiarezza sui quali intervenire per aggiustare il tiro. Si possono notare comportamenti poco responsabili, sui quali intervenire con colloqui specifici. Molto altro può passare dalle lenti dell’osservazione!

Quando le cose sembrerebbero funzionare, e questo avviene molto di frequente, una volta messe a punto le procedure, l’insegnante può ritagliarsi anche altri ruoli. 

Buona parte del suo tempo potrà essere dedicato al consolidamento delle strumentalità di base di chi ne ha più bisogno. Potrà quindi creare dei gruppi di lavoro su singoli obiettivi, specialmente su quelli che non possono essere semplicemente esercitati, come ad esempio le competenze testuali, la comprensione inferenziale di un testo, oppure la logica matematica e dedicare la sua attenzione ad un lavoro specifico su quell’obiettivo, come se fosse in compresenza e la classe fosse immersa in un lavoro con una collega. 

Oppure potrà prendere appuntamento con singoli alunni che hanno una particolare necessità: qualcosa che non hanno proprio capito, qualcosa che richiede un parere ragionato, o un problema relazionale di qualche tipo. 

In pratica, anche l’insegnante avrà un suo Piano di lavoro, che potrà variare di giorno in giorno o contenere degli appuntamenti fissi. Un po’ come tutti, alla fine!